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La strage finirà presto... Leggende urbane della Prima guerra mondiale

Aggiornamento: 6 giu


Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo


I cento anni dalla fine della Prima Guerra Mondiale, per noi italiani cadono oggi, 4 novembre, per altri europei di solito l’8 o il 9. Anche su Query on Line e sul sito del CICAP Piemonte sono comparsi articoli circa miti, leggende, dicerie, credenze, legate a questo grande laboratorio antropologico che fu la Grande Guerra.


Il sito del Ceravolc fa la sua parte e vi racconta un altro tassello di quel grande laboratorio di racconti mitologici: quello che riguarda le leggende dilaganti fra il 1915 e il 1917 circa profezie sulla data in cui la pace sarebbe finalmente tornata.


Ce ne sono moltissime e di taglio diverso. Ve ne presentiamo alcune tipologie, per dirvi quanto diffuse e multiformi furono queste narrazioni.


La prima storia di cui ci occupiamo comparve sul parigino Journal des débats del 12 aprile 1915. Fa parte del filone che vede un innocente pronunciare delle profezie (di solito tre). Due di esse si realizzano a breve e, per questo, anche la terza - la più grande - quasi di certo si realizzerà a breve scadenza.


Nella notte sulla domenica delle Palme, una bambina settenne di un paesino del nord della Francia aveva svegliato la madre e, ancora semiaddormentata, raccontava di aver sognato la Vergine Maria che le aveva detto che sarebbe presto morta, che entro tre giorni avrebbero appreso che il suo papà era rimasto ferito al fronte e - ultima rivelazione - che la guerra sarebbe finita il mese dopo.


Conferma dei primi due annunci destinati alla famiglia: tre giorni dopo il sogno, lettera che annunciava la ferita del padre con morte della bimba nel corso della stessa giornata.

La storia era arrivata al giornale parigino dal suo corrispondente al fronte, lui stesso un militare impegnato in quella zona dalla quale il villaggio teatro della triplice profezia avrebbe distato appena qualche chilometro. Inviati dei militari a indagare sulla veridicità del racconto, sarebbe risultato che i detagli erano “rigorosamente esatti”.


Restava soltanto, concludeva Le Journal des débats, da controllare l’esattezza della terza previsione: fine della guerra entro il mese successivo.


L’aspetto più interessante di queste narrazioni non è tanto che la profezia (c’è bisogno di dirlo?) non si adempie mai, ma che la struttura, più o meno adattata, si conserva in parti diverse del mondo e a grande distanza di tempo.


La capacità di smuovere corde profonde dell’antropologia umana è confermata dalla rapida circolazione di questa storia di origine francese. Il giorno dopo, ad esempio, era da noi sul Corriere della Sera.


Un secondo filone è rappresentato dalla storia della vecchietta che profetizza la fine della guerra portando a sostegno della sue capacità delle virtù di “maga”.


Non sappiamo con precisione quando, ma intorno al 20 novembre del 1915, il quotidiano milanese Il Secolo pubblicò in cronaca cittadina una storia di questo genere ambientata su un tram. La conosciamo attraverso due periodici piemontesi (L’Azione di Novara del 26 novembre e La Gazzetta di Fossano del 4 dicembre).


Un pomeriggio su quel tram milanese si accende una discussione sulla possibile durata delle ostilità. Ognuno dice la sua. Ma ecco che nel battibecco interviene “una vecchia popolana - capelli bianchi, volto rugoso, le mani stecchite, spalle ravvolte in uno scialle variopinto”. Avete tutti torto, dice la vecchietta: vi posso assicurare che la guerra finirà “tra tre mesi”.

Alle ironie generali la donna avrebbe replicato sbalordendo tutti con queste parole:


E’ tanto vero quello che io affermo come è vero che, in questo momento, il bigliettario di questo tram ha nella borsetta né un soldo di più né un soldo di meno di diciassette lire e cinquanta centesimi… Il bigliettario fu chiamato dai passeggeri e, per poter meglio ridere della profezia dell’ignota, fu invitato a contare il denaro che aveva nella borsa. La vecchia aveva indovinato; nella borsa c’era diciassette lire e cinquanta centesimi.
Un signore presente volle notare il nome della - auguriamolo, almeno! - perfetta indovina assicurandole che, se la profezia si avverasse, le avrebbe dato un segno generoso della sua riconoscenza.

Un'altra versione (senza tram, che è un’ambientazione ricorrente) comparirà nel febbraio del 1916 sul quotidiano serale La Provincia di Padova, dove due altolocati (un capitano e una contessa) hanno un colloquio con la siora Betta, anche lei una vecchietta piccola, con sciarpa nera e scialle. Alle discussioni con i due signori sulla fine del conflitto, Betta risponde annunciando che “verso la metà del marzo prossimo le armi saranno deposte e i preliminari di pace saranno firmati nello stesso mese”, e allo scetticismo dei due replica descrivendo con precisione non solo quanti soldi la contessa ha nel borsellino, ma pure tagli di banconota e monete che compongono la somma e, se non vi basta, i numeri giocati al lotto dalla nobildonna, annotati su una ricevuta (se interessati: erano il 45, il 57, il 61 e l'84).


Qui la validità della predizione non è sostenuta da annunci di morte o di salvezza familiare, ma da più modeste (?) doti da indovina. Compare però nel primo caso, quello milanese (non nel secondo, quello padovano) la promessa del premio che l’indovina stessa potrà riscuotere, nel caso i fatti le diano ragione. Alla fine, insomma, tutto si risolve in un grande auspicio collettivo.


La nostra prossima storia è molto curiosa, perché è sempre quella della vecchietta che sa contare i soldi, ma… fatta al rovescio. Ha di nuovo per ambiente un tram ma ha per protagonista una bigliettaia. Chiamiamola la storia della bigliettaia che non voleva cambiare la banconota. Ha origine francese. A quanto pare comparve sul Petit Parisien intorno alla metà di gennaio 1917.


Siamo un tram di Cherbourg. La signora P., abitante a Equeurdréville, sobborgo operaio appena fuori dalla città portuale, presenta alla bigliettaia una foglio da cinque franchi. La bigliettaia, senza batter ciglio, ribatte: “signora, perché mi dà questa banconota quando nel portafogli ha tre pezzi da un franco?” Reazione imbarazzata della viaggiatrice e ingresso in scena di un ufficiale (come nel caso padovano) che chiede che pure a lui sia detto che cosa ha appena fatto. Seconda, istantanea lettura del pensiero da parte dell’impiegata: il militare ha appena depositato 6000 franchi presso la Banque de France!


Con voce tremante, mentre tutti si avvicinano, il militare chiede alla donna il “vero” vaticinio: quando finirà la guerra?


Finirà il 17 marzo, annuncia all’istante la pitonessa della rotaia (quindi, entro due mesi). Allora, se avrete ragione, ripete il copione l’ufficiale consegnandole il suo biglietto da visita, il 18 marzo passerete da me a ritirare 500 franchi.


Questa storia ebbe vastissima eco. Cercando a caso, la troviamo sul Corriere della Sera del 21 gennaio, su Le Temps di Parigi del 22, su La Vedetta di Intra e su L’Echo d’Alger del 23, su Il Saviglianese del 25...


Quasi contemporanea all’ambientazione nella città portuale della Normandia ci imbattiamo nella variante, francese anch’essa, della verduraia che profetizza cose identiche a quelle della bigliettaia. Questa versione è collocata presso il mercato all’aperto della cittadina di Arcachon, sulla costa atlantica, presso Bordeaux, econ grande precisione: si dice che il fatto è avvenuto il 25 gennaio, alle 16. Causa dello show della profetessa questa volta diventerà la pretesa di una signora di pagare dei cavolfiori con una banconota di grosso taglio, ma per il resto il racconto risulta identico a quello di Cherbourg. Ne parlerà già il giorno dopo il presunto episodio il periodico locale, L’Avenir d’Arcachon.


Assai diversa, infine, la struttura di una storia che stando all’Agence Républicaine d’Information francese del 15 ottobre 1917 poco tempo prima aveva reso pubblica il quotidiano newyorkese The Sun.


Un lord inglese che girava in auto per la Scozia, avendo incontrato una zingara mentre passeggiava e avendole fatto una buona elemosina, ricevette in cambio l’annuncio che la guerra sarebbe finita il 15 novembre. Al sorriso del lord, la profetessa avrebbe risposto: “io non mi sbaglio mai. Così, sappia che il suo autista sta per morire di colpo per la rottura di un aneurisma”. Tornato all’auto, distante due chilometri, il nobile trovava sul serio lo chauffeur morto…


Al contrario che per vecchiette, bigliettaie, bambine e verduraie, con la zingara scozzese non c’è nemmeno il ritardo temporale dei giorni, per la parte funesta dell’annuncio. Zot!

Allo sguardo di sufficienza segue, immediata, la morte del sottoposto del "signore", dell'incredulo di estrazione sociale superiore alla veggente.


Questo genere di leggende si ripresenterà parecchie volte, in specie durante la Seconda Guerra Mondiale, in forme straordinariamente simili. Ve ne proponiamo due casi assai differenti: il bambino che profetizza con esattezza due volte e prevede la fine della guerra, voce circolata nel Cuneese agli inizi del 1942, la cui ricostruzione potete trovare qui e la storia che girava in Istria nel maggio del 1940, con una vecchietta autostoppista che prediceva ad un tempo la presenza imminente di un morto a bordo della vettura (nella storia, previsione avveratasi in poco più di mezz’ora) e la fine della guerra per il mese successivo (evidentemente, tanto per cambiare, fallita)...

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