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Come un ragno salvò Gesù bambino (e molti altri con lui)





Perché decoriamo i rami dell’albero di Natale con fili dorati e argentati? Se cercate sul web una risposta a questa domanda, troverete molte leggende diverse, alcune delle quali chiamano in causa un piccolo ragnetto che avrebbe salvato Gesù e la sua famiglia in fuga da Erode. Questi racconti, che potrebbero sembrare banali storielle per bambini, fanno in realtà parte di una lunghissima tradizione, che attraversa secoli, regioni geografiche e… religioni diverse. 


Natale con i tuoi (ragni)


La leggenda del ragnetto salvatore è molto diffusa; ne riportiamo una versione dal libro Tutte storie (Editrice Elledici, 2011) del sacerdote salesiano don Bruno Ferrero, una raccolta di testi edificanti da utilizzare negli incontri di catechesi cattolica:


Non tutti erano felici, quando nacque Gesù. Un uomo era furioso e sconvolto. Il re Erode, che governava la Palestina per conto dei Romani, era morso da una díssennata gelosia. Aveva sentito dai Magi che a Betlemme era nato un re. Immaginò un piano feroce: uccidere tutti i bambini della città. I soldati di Erode portarono terrore e dolore in molte case felici. Giuseppe e Maria presero il Bambino Gesù e si incammi­narono in fretta verso l’Egítto.
La sera del primo giorno di fuga, stanchi e affamati, cercarono rifugio in una grotta. Faceva freddo, tanto freddo che la terra era bianca di brina. La famigliola si sistemò come poté in un angolo. Stavano stretti stretti, per scaldarsi un po’. Di accendere un fuoco non si parlava nemmeno. Si sentivano in lontananza galoppare i cavalli dei soldati. Giuseppe e Maria credevano che nessuno li avesse visti. In realtà un testimone c’era. Un piccolo ragno che si dondolava attaccato ad un filo proprio all’entrata della grotta. 
Quando il ragno vide il bambino Gesù, desiderò molto fare qualcosa per lui. Sapeva che tanti animali fortunati avevano potuto fargli a loro dono. Decise di fare la sola cosa che poteva fare un ragno: tessere la sua tela di fronte all’entrata della caverna, per fare una bella e delicata tendina. Improvvisamente, lungo il sentiero, venne un drappello di soldati di Erode.
Cercavano il bambino per ucciderlo. Quando giunsero alla grotta, stavano per entrare e perquisirla, ma il comandante notò la ragnatela. La brina bianca l’aveva ricoperta e sembrava una serie di trine stese a chiudere l’entrata della grotta. «Lasciate stare» disse il comandante. «Non vedete che c’è una grossa ragnatela intatta? Se qualcuno fosse entrato nella grotta l’avrebbe certamente rotta!». I soldati passarono oltre. Così un piccolo ragno salvò la vita a Gesù facendo l’unica cosa che sapeva veramente fare: tessere la sua ragnatela. Per questo, ancora oggi, mettiamo «baffi» e frange scintillanti sugli alberi di Natale e nelle case. I nastri scintillanti rappresen­tano i fili della ragnatela, bianca per la brina, indorati dai raggi della luna, che stavano all’entrata della grotta sulla via dell’E­gitto. E ricordiamo il dono del piccolo ragno che salvò la vita a Gesù.

La storia è diffusa praticamente in ogni Paese a maggioranza cattolica, e sembra rispondere al bisogno di inserire un elemento religioso in una tradizione (quella dell’albero di Natale) di per sé abbastanza laica. Addirittura, c’è chi - come il giornale online Lettera43 - sembra attribuire a questa leggenda l’origine del detto “ragno porta guadagno” (il che, onestamente, è abbastanza difficile da credere: i ragni erano considerati di buon auspicio fin dai tempi dell’antica Roma). Ma la leggenda non è propria solo del cattolicesimo (eccone un altro esempio italiano, e uno che sembra giungere dal libro di un religioso brasiliano): nel corso dei secoli i ragnetti hanno salvato membri di ogni confessione monoteista, dai musulmani agli ebrei, e, per restare in ambito cristiano, ogni tipo di appartenenti a chiese protestanti. Non mancano nemmeno gli utilizzi di area New Age. Il panorama, come vedremo, è davvero ampio.


All’origine della nostra storia? Re Davide salvato nella grotta


Una delle fonti moderne più interessanti per la nostra storia è costituita da un articolo uscito nel numero di agosto 1874 di una rivista della Chiesa anglicana d’Inghilterra, The Monthly Packet of Evening Readings for Members of the English Church, che raccoglieva sermoni dei pastori, lezioni sui testi biblici e altre letture edificanti. 


Non sappiamo chi fossero gli autori della compilazione che c’interessa: probabilmente erano sia uomini sia donne, a giudicare dagli pseudonimi che usavano. Il loro scopo era di difendere la reputazione dei ragni, così temuti e spesso uccisi senza una ragione. In questa difesa, e comunque ben sapendo che si trattava di letteratura e di folklore, dedicavano alcune pagine del loro articolo a varie versioni del motivo del ragno salvatore. 


Una trama molto comune, rilevava uno degli autori, che si firmava Pisa: era possibile trovarla in contesti molto diversi, ma sempre attribuita a una figura di rilievo, se non proprio a un eroe. 


Fra tutte, quella più antica, secondo Agnes, era quella che aveva per protagonista il biblico re Davide in uno scritto dello storico persiano Tabari, vissuto nel Decimo secolo. Nel terzo libro della sua Storia dei profeti e dei re, in cui raccontava in maniera semi-mitica le vite dei profeti biblici connettendole poi a quelle dei sovrani persiani, Tabari rielaborava il tema della gelosia e invidia del primo re d’Israele, Saul, nei confronti del giovane Davide. Si tratta di una linea narrativa famosa, quella sviluppata a lungo nel primo libro di Samuele, in particolare ai capitoli dal 18 al 26.


Da qui prendeva spunto per il suo racconto sui ragni salvatori.


Dopo che Davide ebbe ucciso Golia, Saul tornò e diede sua figlia per fidanzata a Davide, e gli consegnò il suo sigillo, segno del suo potere. Il popolo amava Davide e lo appoggiava. Quando Saul vide ciò, provò angoscia e invidia verso di lui, e desiderò di ucciderlo. Davide si accorse che Saul voleva ucciderlo, per questo mise un otre di vino nel letto. Saul penetrò nella camera da letto di Davide, ma Davide era fuggito. Saul colpì l’otre con e quello si aprì, e il vino ne fluì. Del vino finì nella bocca di Saul, che disse: “Possa Dio aver pietà di Davide! Quanto vino ha bevuto!”
Un anno dopo, Davide entrò nella camera di Saul mentre quello dormiva, e pose due frecce vicino alla testa e ai piedi di Saul, e altre due coppie di frecce ai suoi fianchi. Poi se ne andò, e, quando Saul si svegliò, vide le frecce e le riconobbe. Allora disse: “Possa Dio avere pietà di Davide! Lui è migliore di me. Lo avevo in mio potere, e pensavo di poterlo uccidere. Lui, invece, mi ha avuto in suo potere, e si è trattenuto!” 
Allora, montò a cavallo e trovò Davide nel deserto, appiedato, mentre lui era a cavallo. Quindi Saul disse: “Oggi ucciderò Davide”. Davide se ne accorse, e l’altro non riuscì a raggiungerlo. Saul lo inseguì, ma Davide se ne accorse e si mise a scappare ancora più veloce. Poi entrò in una caverna, e Dio ispirò un ragno a tessere la sua tela sopra di essa. Quando Saul raggiunse la caverna, egli guardò la ragnatela e disse: “Se fosse entrato lì, avrebbe rotto la ragnatela”. Così, ingannato, se ne andò.

In questo caso, dunque, l’intervento diretto di Dio è centrale per la storia del mondo: re Davide, dal quale per i cristiani dipende la linea che condurrà Israele sino al messia Gesù, è stato salvato dalla ragnatela provvidenziale di un ragno qualsiasi. Per l’Islam, naturalmente, non è la stessa cosa, visto che Davide e Gesù sono entrambi profeti che puntano a Muhammad, ma a Tabari interessava collocare la storia persiana in un contesto più ampio: perciò, gli era facile occuparsi di Gesù, e dargli un posto di onore nelle sue narrazioni. Anche per questo, la storia della salvezza di Davide con Tabari assume un respiro di portata universale e, dunque, supera di un colpo i confini di una religione, per quanto grande come l’Islam.  


Una fonte antichissima


In realtà, la storia della salvezza di Davide probabilmente esisteva già nel giudaismo antico. È plausibile che il suo successo sia partito da lì. Lo testimonia in modo inequivocabile il Targum (cioè, la traduzione in aramaico giudaico della Bibbia ebraica) dei Salmi. Questo testo, la cui composizione resta di datazione assai discussa, potrebbe essere sorto prima dell’era cristiana, in area palestinese. Comunque, precede di gran lunga qualsiasi altra fonte a noi nota sulla storia dei ragni salvatori. Il versetto 3 del Targum del salmo 57 recita:


Pregherò davanti all'Altissimo, l’Onnipotente, che ha dato ordine al ragno, che ha preparato una ragnatela per me.

Molto tempo dopo, un testo anonimo, famoso e importantissimo, l’Alfabeto di Ben-Sira probabilmente sancì la fama della storia sviluppata sulla base del Targum. L’Alfabeto di Ben-Sira fu composto in un periodo difficile da determinare - ma comunque fra il 700 e il 1000 - da intellettuali ebrei vissuti in aree dominate dall’Islam. 


Consta di due serie di proverbi e detti sapienziali, attribuite per tradizione a Siracide, il supposto autore di uno testi tardi dell’Antico Testamento, che parte dei cristiani (i cattolici, non i protestanti) ha inserito nel proprio canone biblico - il Libro del Siracide, appunto.


La prima delle due serie è in aramaico giudaico babilonese, la seconda in ebraico medievale. Il testo che ci riguarda si trova nella seconda serie, che è più recente della prima, ed è parte di uno dei lunghi commenti di tipo haggadico, ossia delle narrazioni di tipo omiletico - insomma, un tipo di esegesi del testo tipico della gloriosa tradizione rabbinica sulla Scrittura.



Ed egli disse: “Perché il Santo, Benedetto Egli sia, ha creato nel Suo mondo le vespe e i ragni, che causano danno e da cui non si trae beneficio?” Ed egli disse: “Una volta accadde che Davide, re di Israele, la pace sia su di lui, sedeva nel suo giardino, e vide una vespa che mangiava un ragno, e un dissennato giunse con un bastone in mano e cercava di scacciarli. Davide si rivolse così al Santo, Benedetto Egli sia: “O Re del mondo! Quale beneficio viene da ciò, da queste cose che hai creato nel mondo? La vespa mangia il miele e punge, e non se ne traggono benefici; il ragno tesse tutto l’anno ma non indossa mai la tela; il pazzo privo di comprensione fa del male alle altre creature e non capisce la tua unità e la tua forza, e per il mondo da lui non v’è alcun beneficio. E il Santo, Benedetto Egli sia, gli disse: “Davide! Tu calunni le creature. L’ora viene in cui tu ne avrai bisogno, e saprai perché sono state create”. E quando egli si nascose in una caverna a causa del re Saul, ecco, il Santo, Benedetto Egli sia, mandò un ragno, e quello tessé una ragnatela sull’imboccatura della caverna e la sigillò. Saul venne e vide la trama. E disse: “certo nessuno vi è entrato, giacché chiunque vi fosse entrato avrebbe lacerato in pezzi la ragnatela”. Proseguì, e non vi entrò. E quando Davide uscì e vide il ragno, lo baciò e gli disse: “Benedetto sia il tuo Creatore, e benedetto sia tu! O Re del mondo, chi può paragonarsi alle tue opere e alla tua forza? Giacché, tutto ciò che fai è buono”.

Il commento proseguiva poi con un racconto parallelo a quello che ci riguarda, stavolta a conferma della bontà della creazione della vespa e del suo pungiglione.

 

Una tradizione decisamente antica, dunque, quella del racconto di Davide, che sembra tuttora vivissima nella pubblicistica ebraica. Lo conferma questo volume del 1990,  americano del 1990, The Family Book of Midrash, o di testi recenti, sul web, come questo. In alcune versioni moderne, viene aggiunto un ulteriore dettaglio: il ragnetto salvatore avrebbe dato alla sua ragnatela la forma… della stella di Davide!


La tradizione islamica dei ragni salvatori 


Anche l’Islam ha la sua versione della leggenda, che ha per protagonista il profeta Maometto in persona, durante l’Egira. L’attendibilità della storia è tuttora molto dibattuta fra gli esegeti musulmani e gli studiosi della tradizione dell’Islam, e per la prima volta si incentra su un luogo ben preciso e localizzabile: la grotta di Thawr, nell’odierna Arabia Saudita, che, secondo la tradizione, avrebbe ospitato il profeta che lasciava la Mecca per la città-oasi di Yathrib, oggi Medina. 


Così la raccontava nel 1874 il Monthly Packet:


Mentre il profeta, suo suocero e il suo fedele amico Abu Bakr erano in fuga dalla Mecca, cercarono rifugio in una caverna sul monte Thawr, quella che Hassan ibn-Thabit, il poeta di Medina, chiama “la caverna gloriosa”. Appena i fuggitivi vi si furono rifugiati, giunse un ragno, che iniziò a tessere le sue tele una sopra l’altra davanti all’imboccatura. I soldati Quraish, che cercavano Maometto senza posa, arrivarono lì nei pressi, ma quando si avvicinarono, si dissero l’un l’altro: “le ragnatele erano lì sopra prima ancora che Maometto nascesse”. Così, tornarono indietro e se ne andarono dalla caverna.

Esistono altre tradizioni sugli interventi di Allah a favore del profeta avvenuti in quella grotta, ma quella del ragno salvatore rimane fra le preferite, tanto da aver suscitato, com’è tipico delle culture arabe, una vasta produzione poetica. Nella teologia islamica è comunque altamente rispettata, anche perché sovente è stata messa in collegamento con un versetto (il 41) della Sura 29 del Corano, che si chiama proprio “Il ragno” (al-Ankabut) e che paragona l’idolatria alla ragnatela, che è fragilissima. Dunque, Dio è in grado di rovesciare la fragilità dei non credenti. 


Certo è che la storia era accreditata sin dai primi secoli dell’era islamica, per esempio  da ‘Abdullah ibn-Abbas (e siamo nella seconda metà del VII secolo, presso Mecca), almeno a quanto riferiva più tardi (nel IX secolo), Ahmad ibn-Hanbal, uno dei padri della giurisprudenza sunnita, che operò in Iraq. 


Dunque, per quanto ne sappiamo, prima il Targum del Salmo 57, e poi la tradizione su Maometto sono i racconti più antichi ai quali è dato risalire. Entrambi puntano verso una direzione geografica: il vicino Oriente, e l’alveo dei grandi monoteismi della regione. Può darsi che la leggenda sia passata al Cristianesimo soltanto in seguito.


Ma i ragni salvano anche i protestanti (e santi cattolici)


A testimonianza del fatto che la leggenda dei ragni salvatori varcò senza problemi le soglie della modernità (e delle religioni), sta il fatto che nel 1874 il Monthly Packet britannico, ancora per la firma di Pisa, l’attribuiva senza particolari difficoltà anche alla famiglia più recente delle chiese cristiane, quella protestante (purtroppo, stavolta, senza indicare fonti). 


In questo caso, il salvato era uno dei grandi esponenti del Protestantesimo francese di metà Cinquecento, il pastore e teologo riformato Pierre du Moulin (1568-1658), che, in effetti, a vent’anni fuggì davvero dalla Francia verso l’Inghilterra per scampare alle guerre di religione che devastavano il suo paese. Secondo Pisa ci era riuscito così:


Durante un massacro di protestanti a Parigi, du Moulin, il famoso giurista, si rifugiò in un forno, sulla cui bocca immediatamente un ragno tessé la sua tela, così che quelli che gli stavano dando la caccia setacciarono l’edificio, ma passarono oltre il forno, notando che nessuno avrebbe potuto nascondersi lì da parecchi giorni almeno.

Storia analoga Pisa attribuisce al santo cattolico Felice da Nola, presbitero cristiano del III secolo, che secondo la tradizione sarebbe scampato alle torture sotto l’imperatore Decio in modo miracoloso. Una di queste tradizioni, appunto, ne riferisce la salvezza ai provvidi ragni tessitori. Come in altri casi, anche stavolta la vicenda di Felice da Nola, la cui fonte prima non conosciamo, è passata all’apologetica delle chiese evangelicali neo-protestanti. Lo testimonia, per esempio, questa pagina Facebook del 2018:


Durante il terzo secolo quando Felice da Nola scappava dai suoi nemici, trovò rifugio in una grotta. Alla fine un ragno iniziò a tessere la ragnatela sulla piccola apertura, sigillandola. Sembrava che nessuno vi fosse entrato da mesi. Di conseguenza i suoi nemici passarono senza accorgersene. Quando uscì alla luce, Felice dichiarò: “Dove Dio c’è, una ragnatela diventa un muro. E dove Dio non c’è, un muro è una ragnatela”.

La leggenda di San Meinrado di Einsiedeln 


Davvero di grande interesse la versione dei ragni salvatori riferita ancora una volta nel The Monthly Packet of Evening Readings sull’eremita e santo cattolico Meinrado di Einsiedeln, vissuto nella Svizzera tedesca nel IX secolo. Non ne conosciamo l’origine, ma è plausibile che sia antica. Su Meinrado, infatti, esiste un’ampia letteratura agiografica e fantastica, a partire dalla Vita redatta dal domenicano tedesco Georg von Gengenbach intorno al 1378. 


Questo sant’uomo si era costruita una cella nelle parti più impervie delle foreste dei monti Harz, in Germania. Lì, beneficiava i boscaioli del posto delle sue preghiere e dei suoi buoni consigli, e quelli si riunivano in preghiera nella piccola cappella lignea che avevano eretto e dedicata al patrono dei cacciatori, sant’Uberto. Meinrado aveva il dono della guarigione, e la fama delle sue meraviglie si era diffusa per ogni dove. La sua cella era una cavernetta posta lungo le pendici di una collina sulla cui sommità sorgeva un biancospino rosa presso il quale aveva costruito una croce di sassi, quasi a santificarne il luogo con la presenza. Ma in quella foresta vivevano degli uomini malvagi, che si beffavano del santo eremita e dei poveri boscaioli, le cui case e beni saccheggiavano. Il loro capo, un certo Emmerico, infuriato dal meritato rimprovero che aveva ricevuto da Meinrado, fu sentito da alcuni dei boscaioli promettere di vendicarsi. Corsero a cercare il loro santo amico, e lo implorarono di trovare rifugio dai nemici che ne volevano la vita. Ma i loro tentativi di persuaderlo furono vani: san Meinrado disse che riponeva la sua fiducia in Dio, che lo avrebbe salvato, e li rimandò a casa.
Quando seppe che Emmerico e i suoi uomini erano sulle sue tracce, lui e un suo discepolo la cui fede aveva incoraggiato con sante parole e con esempi, se ne andarono nella caverna e ne attesero l’arrivo. Poi, direttamente dal biancospino, un ragno si calò sull’imboccatura della caverna e con meravigliosa rapidità ne tessé sopra la sua tela. Quando i malvagi giunsero e videro la tela, si dissero fra loro che il sacerdote non poteva esser stato lì né quel giorno, né per l’intera settimana, e in fretta andarono a perquisire la cappella, ma non trovarono niente, né lì, e neppure nella foresta. 
Fu così che l’Onnipotente mandò l’aiuto nel tempo del bisogno al Suo santo servo - per mezzo di una delle più piccole fra le Sue creature.

In questo caso il racconto è perfettamente cristiano: il peso del racconto, infatti, è nella conclusione, quella che mostra il contrasto fra la potenza divina e la scelta di agire sub contraria specie, ossia, in un essere minimo e - peraltro - di norma giudicato repellente, e fuggito da quasi tutti. 


L’impiego più recente: le chiese evangelicali neo-protestanti


L’impiego della nostra storia nella catechesi cattolica recente ha spesso toni simili, se non identici a quelli, oggi presenti anche in Italia, di un gran numero di chiese evangelicali (ossia, quelle di origine protestante, ma di nascita recente e che presentano una teologia, di solito, di area pentecostale).  


Tutte le storie viste finora, comunque, avevano per protagonisti personaggi importanti della storia e della religione; nelle versioni più moderne, invece, al centro della vicenda c’è un uomo comune, la cui vita viene inaspettatamente salvata dal ragno, strumento a otto zampe dell’Altissimo.


È il caso del sito della “Chiesa cristiana Parola di vita”, che dovrebbe trovarsi in provincia di Verona (ma il suo sito è ormai quasi tutto non raggiungibile). Sotto il titolo “Vedere le avversità in modo giusto” troviamo questo racconto, di evidente provenienza statunitense:


Ho letto il racconto di un soldato marine, durante una battaglia. Il combattimento era molto intenso e c’era molta nebbia: lui si perse e si ritrovò da solo in mezzo alla foresta. Non sapeva dove si trovava e sentiva i nemici avvicinarsi sempre di più. Vide delle grotte nelle vicinanze e decise di correre fin lì, nascondendosi dentro una di esse. Poi questo soldato cominciò a pregare chiedendo a Dio protezione per la sua vita: “Dio, manda qualcuno che mi salvi!”.
In quello stesso momento il soldato  vide un ragno scendere lungo l’entrata della caverna e cominciare a tessere una tela all’ingresso; allora rise dicendo: “Dio, io ho bisogno di un muro di mattoni e tu mi mandi un ragno!”. Mentre sedeva in quella grotta per le due ore successive, che sembrarono un’eternità, poteva vedere il ragno intessere la tela filo dopo filo.
Poi cominciò a sentire i soldati nemici che cercavano dentro le grotte e si facevano sempre più vicini partendo dalla prima, poi passando alla seconda e via dicendo. Il marine si alzò in piedi, pronto per l’attacco finale, che sarebbe stato l’ultimo. Ma mentre si preparava, sentì parlare i soldati nemici che videro la grande ragnatela all’entrata del suo rifugio: “Non abbiamo bisogno di cercare qui dentro, nessuno potrebbe entrare senza rompere questa ragnatela, non c’è nessuno” e passarono oltre.
Dio aveva protetto la vita di quell’uomo in modo soprannaturale. Il soldato si mise in ginocchio e ringraziò: “Padre ti chiedo perdono per aver riso del ragno: con Te una ragnatela può essere più resistente di un muro di mattoni”.

Il contesto è lo stesso di altre storie, ma ora il ragno difende un moderno soldato occidentale, un marine, non più il Gesù dell’infanzia, l’anacoreta, o l’individuo perseguitato per la sua fede. Un altro esempio di area evangelicale è qui, mentre qui c’è il caso di un forum di area cattolica che sembra ricalcare il linguaggio dell’evangelicalismo neo-protestante.


Ecco infine un altro esempio, ma stavolta proveniente da un’area protestante più tradizionale (una chiesa presbiteriana di New York, ossia una chiesa che deriva dalla tradizione delle chiese riformate, o calviniste, europee). Il tema è usato in un sermone del 2009 in cui si predicavano due versetti del capitolo 17 del Primo libro di Samuele, quello in cui Davide sconfigge il gigantesco Golia, il campione dei Filistei. 


In quei versetti, Davide proclama a Golia che il Signore d’Israele non salva per mezzo della spada o della lancia.


Il pastore apriva due così il suo sermone:


Anni fa ho letto la storia di un cristiano in fuga dalle persecuzioni dei nemici in Africa del nord. I suoi nemici gli erano alle costole, malgrado provasse a sfuggirgli. Fu inseguito su una collina e per una valle, finché fu quasi esausto. Disperato, scorse una piccola caverna, e, stanchissimo, vi si gettò. 
Temeva però che sarebbe stato preso, perché l’ingresso della caverna era visibile anche da lontano. Mentre aspettava i suoi persecutori, pregò per la protezione del Signore. Poco dopo, vide un ragno che tesseva una tela. In pochi minuti, il ragno aveva tessuto la tela proprio all'ingresso della caverna. 
In quel momento, gli inseguitori arrivarono, ma vedendo la ragnatela sull’imboccatura della piccola caverna, ne conclusero che fosse impossibile che l’uomo vi fosse entrato. Proseguirono, e l’uomo riuscì a sfuggirgli. 
Sembra che in seguito l’uomo abbia detto: “Dove c’è Dio, la tela di un ragno è come un muro. Dove Dio non c’è, un mura è come la tela di un ragno”.

A conferma del fatto che l’autore del sermone si era reso conto della precarietà della fonte, aggiungeva questo inciso:


Non sono sicuro che questa storia sia vera, e per questo ho fatto dei controlli su Internet, ieri sera. Ho trovato tre versioni diverse della storia, una delle quali ambientata in Scozia, e una che ha per protagonista un marine. Dunque, la storia potrebbe essere una leggenda metropolitana, ma potrebbe anche avere per base una storia vera.

Immagine in evidenza: generata con Microsoft Bing Image Creator 

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