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Dalla Grecia all'Arabia: storia di una leggenda

Aggiornamento: 10 giu


Articolo di Sofia Lincos


Nel numero 2 di giugno 2018 della rivista Quaderni urbinati di cultura classica è stato pubblicato un articolo di Tommaso Braccini, docente di lingua e letteratura neogreca presso l'Università di Torino. Lo studio si intitola “Luciano e il diavolo nella sala da ballo: una nota a Storie vere” (pp. 127-138) e delinea un interessante parallelo fra leggende contemporanee e letteratura classica.


Braccini parte da un racconto circolante in Arabia Saudita riferito dal giornalista americano Peter Theroux nel suo Sandstorms: Days and Nights in Arabia (1990) poi presentato in un'edizione della newsletter dell'International Society for Contemporary Legend Research (FOAFtale News n. 21, marzo 1991).


Protagoniste del racconto due giovani donne attratte dai suoni di una festa che si svolge in un palazzo di Sulaymaniyya, un quartiere della capitale saudita, Riad:

Le ragazze guardarono all'interno e videro quasi un centinaio di donne eleganti e senza velo che danzavano al ritmo di una musica tribale da matrimonio. "Entrate, unitevi a noi!", le chiamò una delle donne più alte e con la pelle più chiara - una principessa, sicuramente. Le ragazze si tolsero il velo e stavano per cominciare a danzare quando una delle due prese l'altra per un gomito: "Guarda le loro gambe!" Tutte le donne avevano zampe e zoccoli da asino. Le ragazze afferrarono i loro veli scapparono fuori da quel luogo in stile ranch, attraversando di corsa il cortile in marmo e i giardini fino al marciapiede dove un piccolo taxi giallo era parcheggiato sotto le luci ambrate e crepitanti dei lampioni. "Chiamate la polizia! E chiamate lo sceicco! C'è una riunione di demoni presso il Palazzo delle feste!", urlarono le ragazze. "Come sapete che erano demoni?", chiese il guidatore placidamente... "Stavano danzando e avevano zampe d'asino!". "Come queste?" Il guidatore sollevò l'orlo del suo thawb, la tunica bianca lunga fino alla caviglia indossata dagli uomini arabi, per svelare i suoi zoccoli pelosi da asino. Le ragazze scapparono urlando fino a casa e telefonarono a tutti i loro amici.

La storia circola in Arabia Saudita in diverse varianti, ad esempio in quella che vede per protagonista una ragazza invitata al matrimonio di un amico. Durante i balli festosi anche lei scorgerà gli zoccoli degli invitati e poi quelli del tassista sul cui veicolo sta tentando di scappare. Ma questa volta la storia volgerà in tragedia: tornata al matrimonio scortata della polizia, la giovane troverà il luogo deserto, con l'eccezione del cadavere del suo amico appena sposatosi…


Si tratta di un racconto narrato come accaduto davvero a "amici di amici" che probabilmente fa leva sulla diffidenza diffusa nelle società arabe verso il ballo, considerato illecito o comunque sconsigliato per i buoni musulmani.


Braccini mette in relazione questa leggenda con un altro racconto popolare diffuso in Europa, un cautionary tale - ossia un ammonimento - sui pericoli del gioco d'azzardo. Protagonista del racconto di solito è un uomo che trovandosi a partecipare a una partita a carte contro uno sconosciuto si china per raccogliere una carta finita sotto il tavolo, ma solo per scoprire che uno dei suoi avversari ha zoccoli al posto dei piedi. La storia di norma si conclude con uno dei presenti che esclama "Gesù Cristo!" e con lo sconosciuto che all'invocazione scompare improvvisamente (suggerendo, ovviamente, che si trattasse del diavolo in persona). Una variante italiana della storia invece ha per protagonita una donna che scappa quando scopre che un suo corteggiatore ha i piedi a forma di zampa di gallina!


Da parte nostra possiamo aggiungere che il disvelamento del diavolo tramite un particolare anatomico ricorre spesso nel ricco patrimonio del folklore italiano. In Piemonte e in Val d’Aosta, ad esempio, ricorrono storie che hanno per protagonista una donna che cuce o che fila la lana in un giorno tabù (la domenica, la vigilia dell’Epifania…). Mentre questa è intenta ai lavori, compare un uomo elegante e ben vestito. Come nella storia della partita a carte appena vista, la donna si china per raccogliere un oggetto caduto (le forbici, il fuso, ecc) e si accorge che il suo visitatore ha zoccoli o zampe palmate al posto dei piedi. In altri casi è invece l’uomo che, abbassatosi per le stesse ragioni mentre gioca a carte o mentre corteggia una dama, fa inavvertitamente cadere il cappello scoprendo in tal modo un paio di piccole corna.


Ma forse la storia che più ricorda la leggenda araba è quella che ha per protagonista un uomo di Lillianes, nella Valle del Lys, in Val d’Aosta, che sta tornando a casa dopo un incontro con la sua innamorata:

Il giovanotto camminava svelto e sicuro, allorché si vide di fronte una donna bellissima e riccamente vestita. La guardò sorpreso, senza parole. La bella creatura, suadente, lo pregò di accompagnarla; il sentiero era angusto ed egli andò innanzi a lei per guidarla, felice di tale piacevole compagnia. La sconosciuta pareva ascoltare con compiacenza i complimenti che il giovane le rivolgeva. Intanto il sentiero era diventato sconnesso e sassoso. A quel punto, uno strano rumore di ferraglia risuonò sulle pietre; il giovane si voltò e vide che la sua compagna aveva dei piedi di mulo ben ferrati. Spaventato, fece istintivamente il segno della croce. La bella dama, che altri non era che il diavolo in uno dei suoi travestimenti preferiti, scomparve come un fulmine nel torrente vicino, fra turbinii di fiamme e bagliori sanguigni. Il giovane tornò a casa correndo e tremando di paura e da quella volta non si mise mai più in cammino di notte da solo.

(Da: Claudio Santacroce, I ponti del diavolo e altri luoghi misteriosi e infernali in Piemonte e Valle d’Aosta, Il Punto - Piemonte in Bancarella, Torino, 2013, p. 244)


Il fatto è che il professor Braccini ha scovato un precedente letterario ancora più antico e più illustre di questi, visto che figura nella Storia vera di Luciano di Samosata. È l'episodio delle Onoscelidi, donne antropofaghe con zampe di asino, il cui testo può essere letto qui.


Lo riassumiamo: durante il suo viaggio il protagonista approda coi compagni sull’isola di Kaballousa, dove un gruppo di donne giovani e bellissime, con vesti lunghe fino a terra, seduce gli uomini e ognuna di esse ne porta uno alla propria abitazione per dargli alloggio per la notte. Solo il protagonista si accorgerà dei teschi e delle ossa sparse per l'isola e scoprirà la vera natura della sua ospite vedendo gli zoccoli d'asino celati sotto al vestito. Di fronte alle minacce dell'uomo, la donna confesserà di essere una ninfa marina e di aver intenzione di farlo ubriacare per poi assalirlo nel sonno e infine divorarlo. Il protagonista riuscirà quindi a salvare dall'aggressione i suoi compagni e a fuggire con la nave.


Questa storia attinge a diversi motivi simili diffusi nel patrimonio letterario greco-antico. La fama di Luciano decreterà il successo delle donne dai piedi d'asino, che da allora compariranno in parecchie altre opere diffuse tanto in Oriente quanto in Occidente. In ambito cristiano Braccini ricorda la donna dalle zampe d'asino catturata dal vescovo Geronzio, in ambito buddhista le donne antropofaghe citate dai Jātaka, le vite del Buddha, in ambito musulmano i commentatori coranici che si soffermano sulla regina di Saba, accusata di avere piedi animaleschi...


Noi possiamo aggiungere il mito delle Narades, proprio della cultura orale grecanica di Calabria, mito di cui peraltro lo stesso Braccini parla in un suo lavoro del 2012, La fata dai piedi di mula (Encyclomedia, pp. 40-41) . Queste erano ninfe dell'Aspromonte che presentavano la stessa deformità delle estremità inferiori che figura nelle nostre storie e che convincevano le donne a uscire di casa per poi ucciderle e poter giacere coi loro uomini.


Insomma, lo studio di Braccini mette in relazione un racconto del II secolo d.C. con storie analoghe diffuse nel Vicino Oriente ancor oggi: una sopravvivenza davvero eccezionale per una leggenda.

Così conclude l’Autore:

Potrebbe non essere troppo azzardato supporre, in altri termini, che il siro Luciano abbia esportato e introdotto presso il pubblico dei lettori greci (per i quali, tra l'altro, l'asino aveva già precisi connotati di lussuria e ingordigia), pur in un contesto certo ironico e intessuto di chiari riferimenti letterari, un preciso folktale vicino-orientale che circolava ai suoi tempi e che, mutatis mutandis, non doveva essere troppo dissimile da quello registrato in Arabia ancora negli ultimi decenni del secolo scorso.

E dunque la nostra leggenda potrebbe risalire a tempi ancora più remoti.


Foto di Petra da Pixabay

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