Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
I fad, le mode collettive passeggere, durano poco - per definizione. Possono anche sopravvivere alla prima ondata di entusiasmo e non sparire mai del tutto, ma di solito le ricomparse sono meno estese della prima apparizione. Uno dei super-classici dei fad è rappresentato dalla moda dell’hula-hoop, il cerchio di plastica da far ruotare intorno alla vita accompagnandolo con i movimenti dei fianchi, che nel 1958 conquistò il mondo nel giro di pochi mesi per poi sparire quasi di colpo. Molti fad sono tendenzialmente innocui (anche se è quasi impossibile trovarne uno che non sia stato accusato di causare guai); alcuni, però, possono portare con sé conseguenze indesiderate. Questo accade quando le mode passeggere assumono il carattere di challenge, di sfida di abilità, di sopportazione, di superamento del disgusto, sino a sconfinare, in certi casi, nella prova di carattere iniziatico.
Una challenge recente pressoché innocua è stata, ad esempio, l’Harlem Shake. Si trattava di una gara in pose, con la modalità e l’abbigliamento più improbabili, in cui si eseguivano brevi pantomime collettive (sovente fra gruppi scolastici o professionali) su un remix del rapper portoricano Héctor "El Father", creato in origine nel 2012 dal DJ statunitense Baauer. Un fad accompagnato da una sfida un po’ più rischiosa è stato, invece, la Ice Bucket Challenge, che ha spopolato nel 2014 e che ha visto star dello spettacolo e persone comuni rovesciarsi in testa secchi di acqua gelida piena di cubetti di ghiaccio.
Noi faremo rivivere un fad quasi dimenticato e che presenta diversi punti d’interesse per chi si occupa della diffusione delle voci e delle credenze collettive.
Quel mattino, all’Università di Harvard
Il fad dei pesci rossi è uno di quelli per i quali (e molte volte non è così) conosciamo con buona approssimazione l’innesco, il trigger. È il 3 marzo del 1939. Parecchi giorni prima, uno studente del primo anno dell’Università di Harvard, Lothrop Withington Jr, ha scommesso con i compagni che, se ingoierà davanti a loro un pesciolino rosso vivo, dovranno dargli dieci dollari. Nel 1963, in una lettera al New York Times, Withington (figlio di un avvocato di spicco di Boston) spiegò che l’idea era sorta già alla fine dell’anno precedente, in vista della sua candidatura a presidente delle matricole: nelle intenzioni, doveva funzionare come pubblicità per l’elezione.
Dopo essersi allenato per diversi giorni - non sappiamo bene come - finalmente Withington radunò nella mensa dell’Unione delle matricole una folla di centocinquanta persone, ma anche (e questo è il punto) alcuni giornalisti. La voce della sfida imminente girava ormai da giorni nel campus, ed era arrivata anche alle redazioni dei giornali. Per questo, l’evento fu documentato in ogni particolare e immortalato dai fotografi. Al culmine della spettacolino, davanti ai reporter, Withington estrasse da una boccia di vetro un povero pesciolino rosso lungo dieci centimetri, gli staccò la testa (era vivo!), lo fece cadere in bocca, lo masticò brevemente, e poi, con un singhiozzo, lo ingoiò. Infine, si spazzolò allegramente i denti e si mise a tavola, dove fu opportunamente servito del filetto di sogliola.
Si trattò, con ogni evidenza, di una piccola scommessa fra matricole universitarie a fini di autopromozione, quasi un piccolo gesto iniziatico di una comunità che allora era pressoché unicamente maschile. Com’è stato notato, la sfida avrebbe meritato soltanto un articoletto umoristico nell’annuario universitario di quell’anno, se non fosse stato per la presenza dei giornalisti e per la produzione di una serie di immagini che corredarono in maniera vistosa i primi articoli.
Due giorni dopo, il nome di Withington era sui giornali di molte parti d’America. Il 20 marzo 1939 la sua foto e la storia della sfida trovarono posto su Life, uno dei più importanti settimanali di quel tempo (lo vedete nell'immagine in evidenza, in testa all'articolo). Fu da quel momento che la sfida dei pesci rossi diventò una vera e propria mania collettiva.
Declino e morte della moda dei pesci rossi
Il meccanismo che per qualche tempo sostenne la moda era, in primo luogo, quello dei record da infrangere uno dopo l’altro. Nel giro di poche settimane, fra marzo e aprile, in altre parti del Paese si svolsero competizioni sempre più estreme. I vari “traguardi” raggiunti raccontarono prima di tre, poi 24 (potete vedere qui sotto Irving Clark, effimero “campione” per quel numero), 28, 42 e 210 pesciolini ingoiati - ma cenni qua e là porterebbero gli esemplari ingurgitati sino alla cifra di 300! (Charles Panati, Panati’s Parade of Fads, Follies and Manias, Harper & Collins, New York, 1991, p. 157).
Per il sociologo Robert Bartholomew, che si è occupato della swallowing fad nel suo grande compendio del 2009 Outbreak! The Encyclopedia of Extraordinary Social Behavior, uno dei motivi che contribuirono a far morire la moda dei pesci fu proprio il tentativo, tipico di ogni mania passeggera, di introdurre variazioni destinate a ravvivare il carattere di “fatto nuovo” dell’evento in corso. Alle gare si unirono - cosa sorprendente per l’epoca - anche varie ragazze, come quella qui accanto, Maria Hansen, accuratamente riprese nell’atto di ingoiare i pesciolini;
uno studente morse la testa di un serpente vivo; il continuo aumento della quantità di pesci ingurgitati aumentava, insieme alla sorpresa, anche il disgusto per il gesto. Un allievo del Klutztown State Teachers College della Pennsylvania fu sospeso in seguito a una di queste sfide per “comportamento sconveniente”. Un docente di anatomia della UCLA (University of California Los Angeles) mise in guardia contro i rischi per la salute, seguito da uno sciame di medici che denunciavano i rischi di soffocamento, mentre altri paventavano parassitosi e altre infestazioni da pesce crudo… Lo US Public Health Service intervenne ufficialmente per denunciare la possibilità d’infestazioni da tenia (a quel tempo, peraltro, assai pericolosa per la stessa vita delle persone).
Ai timori per la salute si unirono le legittime proteste delle società per la protezione degli animali. La coscienza collettiva nei confronti delle altre specie nel 1939 non era quella odierna: quasi nessuno era sfiorato dall’idea che quella moda, oltre che comportare qualche pericolo potenziale per i partecipanti, fosse eticamente discutibile. Nonostante questo, molti gruppi facevano pressione perché l’ingoio dei pesciolini cessasse. Il senato del Massachusetts in aprile approvò una legge che rendeva illegale la pratica, con lo scopo di “preservare i pesci da un consumo crudele e privo di freni”.
A fine aprile - inizio maggio 1939 il fenomeno poteva considerarsi quasi estinto. Si presentò in maniera sporadica nei decenni successivi (ed è inutile dire che episodi singoli si erano già avuti assai prima del picco di cui abbiamo parlato), ma non ritornò mai più in termini paragonabili. Lo si ritrova, peraltro, utilizzato nella cultura di massa, come in questa Candid camera britannica degli anni ‘60, oltre che, banalizzato, in innumerevoli scherzi messi online in tempi più recenti.
Ancora Robert Bartholomew nella sua già citata Encyclopedia:
L’origine della mania dei pesci rossi sta in un evento casuale ben pubblicizzato seguito dal classico andamento dei fad. La moda è stata avviata da un individuo di classe sociale superiore (uno studente dell’Università di Harvard) che ha diffuso un comportamento innovativo fra altri studenti di campus universitari, dove altri studenti hanno emulato il comportamento e stabilito nuovi record per i pesci rossi ingoiati, il che innalzava prestigio e status di coloro che si davano a tali comportamenti. Tuttavia, il fad perse ben presto il suo carattere di novità, visto pure che inghiottire pesci rossi o altri oggetti conferiva ben poco prestigio, così che il fad si spense rapidamente.
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