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Le estati degli squali


Articolo di Sofia Lincos e Giuseppe Stilo


La cultura pop del decennio 1970 è stata segnata da un gran numero di film a carattere fantastico, horror e fantascientifico. Sebbene Steven Spielberg fosse attivo come regista da molti anni con film di culto e dal relativo successo commerciale, fu soltanto nell’estate del 1975 che diventò una celebrità mondiale grazie a Jaws, “Lo squalo”. Con l’uscita di quella pellicola, distribuita in maniera massiccia in contemporanea in tutto il mondo, nacque il marketing cinematografico contemporaneo e si verificarono fenomeni di entusiasmo collettivo per un film con pochi precedenti nella storia. Fino all’uscita di Guerre stellari, nel 1977, opera di George Lucas, amico e compagno di gioventù di Spielberg, “Lo squalo” sarà il film con i maggiori incassi nella storia della cinematografia.  


Per quanto celebrato nella storia del cinema, qualcuno ha notato un possibile effetto indesiderato di quel film, basato sulle sequenze magistrali dei ripetuti attacchi di uno squalo di dimensioni colossali contro bagnanti ignari - finché il “mostro”, nella scena finale, non sarà eliminato a colpi di esplosivi scagliati tra le sue fauci (una sequenza, così dicono le cronache del tempo, accompagnata talvolta da un applauso liberatorio da parte della platea). L’effetto fu quello di far diventare gli squali, nell’immaginario collettivo, i “cattivi” per eccellenza, dipingendoli come molto più pericolosi di quanto non siano in realtà. 


Questa cattiva reputazione è alla base di alcuni “panici da squalo” che presero piede in alcune estati specifiche, di solito frutto di alcuni attacchi isolati (o presunti tali). Noi ve ne raccontiamo due, quella del 2001 negli Stati Uniti e quella del 1991 in Italia.  


America, 2001: gli squali del nulla


Nell’estate del 2001, per i due mesi che precedettero gli attentati dell’11 settembre, si verificò un fenomeno mediatico di grandi proporzioni, in seguito al quale nel pubblico degli Stati Uniti si creò una forte preoccupazione per la possibilità che le coste del paese fossero infestate da squali feroci, e che fare il bagno avrebbe comportato un rischio molto alto di attacchi micidiali da parte di questi animali. 


L’incredibile vicenda prese il via il 6 luglio, quando si verificò uno dei soli due veri episodi di ferimento grave di una persona da parte di squali in tutti gli Stati Uniti. Il primo episodio, però, fu ripreso in maniera massiccia da radio, televisioni, giornali, siti internet, perché riguardò un bambino di otto anni, attaccato da uno squalo-toro presso l’isola Santa Rosa, in Florida, con conseguenti gravi danni agli organi interni e amputazione di un arto superiore, che poi gli fu riattaccato. Lo squalo era di dimensioni contenute (2,1 metri), tanto che lo zio del bambino fu in grado di catturarlo, portarlo a riva e ucciderlo. 


L’hype mediatico sviluppatosi fu clamoroso: nei due mesi successivi, il tempo impiegato per raccontare storie di presunti avvistamenti di squali, attacchi più o meno reali e cronache analoghe dal resto del mondo da parte dei maggiori network televisivi del tempo (ABC, CNN, NBC) fu colossale. La conseguenza fu che molte spiagge furono disertate in massa, con conseguenze economiche rilevanti sull’economia turistica del paese. 


Proprio come successo in passato nelle ondate di entusiasmo per gli Ufo, in grado di generare sui media un gran numero di notizie di “avvistamenti” di cose strane in cielo (esempi classici, le grandi ondate del 1954 e del 1978), anche l’estate americana degli squali, dopo il primo innesco del 6 luglio, fu sostenuta da altri episodi minori, ripresi a dismisura dai media: in particolare, il 15 luglio un newyorkese in vacanza alle Antille, e più esattamente alle Bahamas, fu ferito a una gamba. Il culmine però si ebbe a metà agosto: un elicottero riprese al largo della Florida migliaia di squali - probabilmente in migrazione, lontani dalle coste e impegnati in un’attività del tutto usuale per loro - e il video fece il giro dei network nazionali. Migliaia di persone lasciarono le spiagge. Anche lo studioso di anomalistica Loren Coleman, nel suo volume The Copycat Effect (2004), ha riassunto le caratteristiche dell’estate degli squali, definendola come una vera e propria epidemia di paure basate praticamente sul nulla. 


Stando all’International Shark Attack File, nel 2001, in tutto il mondo il numero di casi documentati di persone uccise da squali è stato di cinque, nessuno dei quali avvenuto negli Stati Uniti.


La vicenda è stata analizzata in maniera sistematica nell’aprile del 2003 dalla sociologa April Eisman sulla rivista Critical Quarterly. La sua valutazione è che la mancanza di senso critico da parte dei media, nel corso di quell’estate, fu tale da poter esser considerata come un fattore predisponente alle reazioni collettive da parte degli americani a fronte del disastro degli attacchi dell’11 settembre. Per Eisman, le storie di squali, che erano ancora assai presenti nel momento in cui i terroristi lanciarono i loro attacchi, furono uno dei motivi psicosociali che contribuirono a modellare il clima culturale americano nelle settimane successive agli attentati, perché improntati al pensiero di gruppo, al venir meno del pensiero critico, all’accettazione delle testimonianze sulla minaccia degli squali da parte di persone di ogni genere, e così via.


1991: una tranquilla estate di paura italiana


Il successo mondiale (e italiano) de Lo squalo durò a lungo. Due anni dopo la sua uscita, nei nostri cinema di provincia era ancora ampiamente replicato. Sebbene panici da squalo in Italia ci fossero stati anche in precedenza, l’episodio del luglio-agosto 1991 si distingue per intensità, caratteristiche e possibilità di documentarlo. 


Il 31 luglio di quell’anno, l’edizione ligure de La Stampa uscì con un titolo davvero preoccupante. Nel pomeriggio del giorno precedente, davanti a Santa Margherita Ligure, una donna di 43 anni era stata azzannata da uno squalo! 


Titolo chiaro e senza equivoci, soltanto che, in realtà, il testo raccontava una storia diversa: la donna, che si trovava in acqua su una piccola imbarcazione in vetroresina, aveva soltanto rischiato di essere morsa da un animale, “con la bocca lunga e rotonda e denti aguzzi”. Era subito fuggita a nuoto, ma l’allarme era partito anche da persone che, da riva, avevano visto la scena. Lanciato l’allarme, erano arrivate alcune motovedette della Capitaneria di porto di Santa Margherita, ma senza trovare niente. 


La notizia si diffuse lungo la costa piena di bagnanti in poche ore, e fu subito il panico. Il giorno dopo la vicenda passò nella cronaca nazionale de La Stampa. Una canna da pesca della donna, esaminata da esperti dell’Università di Genova coordinati dal professor Franco Fiorentino, a loro parere era davvero stata morsa da un selace, ma con ogni probabilità da un innocuo smeriglio, non da un più pericoloso squalo bianco o simile. Il punto è che, quasi immediatamente, la Capitaneria di porto di Santa Margherita, vietò per prudenza la balneazione in tutta la zona di sua competenza. Il divieto venne revocato il giorno dopo il fatto, ma ormai la paura si era innescata. Molti stabilimenti balneari, che pure avrebbero avuto interesse a fare diversamente, si erano rifiutati di ammainare la bandierina rossa che indicava il divieto di entrare in acqua. Migliaia di persone avevano così disertato le spiagge. In un altro articolo, il quotidiano torinese deliziava i lettori sulle caratteristiche dello squalo più pericoloso, lo squalo tigre, “che attacca l’uomo”.


Vi stupite? Nelle ore seguenti gli avvistamenti degli squali cominciarono a moltiplicarsi in un modo che stavolta non è esagerato definire esponenziale, estendendosi poi ad altre zone della costa ligure. 


Nella giornata del 1° agosto si ebbero almeno cinquanta segnalazioni in poche ore, molte delle quali concentrate nella zona di Paraggi, sempre nel Golfo del Tigullio - nessuna però da equipaggi della Marina. Quella di un diportista di Milano fu portata nei dettagli agli onori delle cronache e ritenuta la migliore, tanto che a quel punto furono mobilitate sette motovedette costiere delle Capitanerie di porto, un elicottero Chinook CH-47 della base di Luni (La Spezia) e un aereo da pattugliamento Piaggio PC-166 della Marina militare decollato da un aeroporto romano. Le operazioni erano dirette sul posto dall’ammiraglio Antonio Alati, comandante della Capitaneria di Genova, il quale assicurava che se lo squalo fosse stato visto in superficie sarebbe stato abbattuto con le armi di bordo. 

 

La Stampa dedicò una pagina intera della sua edizione nazionale al terrore ormai diffuso, mentre Greenpeace e il regista-naturalista Folco Quilici svolgevano il loro compito e parlavano a difesa dei fantomatici squali. Nessuno, almeno quel giorno, noleggiava pattini, windsurf, canoe e simili, nella zona. L’opinione comune, fra chi lavorava con il mare, era quella che bisognasse uccidere il mostro. Dallo stesso quotidiano, Francesco Rutelli, allora esponente del Partito Radicale e futuro sindaco di Roma, sentenziava in un lungo articolo di commento: “Ma io sto dalla sua parte” - cioè, dalla parte dello squalo, ormai diventato un attore vero e proprio di quello spettacolo, con una sua individualità e una sua etica. Al contempo, le cronache regionali liguri erano piene di altri dettagli. Nella paginata Liguria Estate, invece, ecco la connessione fra un panico come quello e il mito di massa che gli stava alle spalle: in un ampio articolo, si glorificava la presenza dello squalo nel cinema, col posto d’onore riservato a Spielberg. 


La tensione rimase altissima per tutto il 3 agosto: gli avvistamenti si moltiplicarono lungo tutta la costa genovese, e poi lungo quella spezzina e quella imperiese, e, addirittura, a Civitavecchia. Dal canto suo, l’ammiraglio Alati polemizzava, sia pur in modo garbato, con Rutelli: d’accordo l’ambientalismo e la natura, ma prima veniva la sicurezza dei bagnanti. Al contempo, però, crescevano anche le perplessità sul primo avvistamento, quello del 30 luglio: quale specie di animale ne fosse responsabile, era decisamente incerto. Poi, di colpo, il 4 agosto, la dichiarata fine dell’emergenza: nessuno, fra gli uomini della Marina e delle Capitanerie di porto, aveva avvistato niente d’insolito. L’animale, se c’era, dichiarava il comandante della Capitaneria di Santa Margherita, doveva essersene tornato in acque più profonde. Le perlustrazioni sistematiche cessarono intorno al giorno 6.


Non mancò però nemmeno un altro fenomeno tipico delle “ondate” di avvistamenti di “cose strane”, e cioè, dopo il picco iniziale, alcune riprese più modeste dell’attenzione generale. Fu così la mattina del 7 agosto, di nuovo a Santa Margherita, dove tutto era cominciato, e poi il 13, nell’Imperiese. Fece capolino anche un altro aspetto caratteristico, con feste a tema e travestimenti da squalo


Con i primi rientri dalle spiagge, dopo Ferragosto, è possibile dire che la psicosi dello squalo, iniziata il 31 luglio 1991, poteva considerarsi conclusa. 


Il bilancio era davvero imbarazzante: grandi quantità di tempo, di denaro e di risorse umane, impegnate per molti giorni, senza il minimo risultato; diminuzione degli incassi lungo buona parte della costa ligure; diffusa convinzione fra l’opinione pubblica e le autorità circa un pericolo concreto e imminente: quello dello squalo, mostro marino per eccellenza, erede forse non del tutto legittimo dei serpenti di mare che infestarono le cronache di mezzo mondo fra i primi dell’Ottocento e la Seconda Guerra Mondiale.


Immagine di Sarah Richter da Pixabay

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