Articolo di Sofia Lincos e di Giuseppe Stilo
È un timore quasi atavico: bambini della propria comunità che scompaiono per mani sconosciute e, presumibilmente, per ignobili motivi. Recentemente questa leggenda è tornata a farsi sentire, grazie a una piccola tempesta improvvisa e imprevedibile: il 6 aprile, una donna texana (scorrendo il profilo, si ha l’impressione si tratti di un’elettrice trumpiana, di orientamento conservatore) ha postato su Facebook un lungo messaggio che faceva appello a tutti i genitori. Si trattava, secondo il testo, di un messaggio scritto originariamente da un dipendente del “Sam’s Club” che si rivolgeva in particolare “a tutti coloro che nella loro famiglia annoverano un bambino scomparso”.
Una madre si era chinata su un banco per scegliere la carne e quando si è voltata ha visto che la figlia di quattro anni era sparita. Io ero proprio accanto a lei mentre chiamava la figlia, senza che la bambina rispondesse. Ho chiesto a un dipendente di Sam’s di annunciare all’altoparlante che si stava cercando Katie. Lui l’ha fatto subito, e posso dire che è corso subito a una colonna dove c’era un telefono, e pronunciando un qualche codice ha chiesto che fossero chiuse porte e cancelli.
Così hanno chiuso all’istante tutte le porte. Dopo che avevo chiesto al tipo di farlo, ci sono voluti tre minuti. Cinque minuti dopo hanno trovato la bambina in un bagno. Aveva la testa mezza rasata, indosso solo la biancheria intima e c’erano una borsa di vestiti e un rasoio. Sul pavimento vicino a lei c’era una parrucca per farla sembrare diversa.
Chiunque sia stato, aveva preso la bambina, l’aveva portata nel bagno, le aveva rasato la testa e l’aveva svestita in meno di dieci minuti. Non riesco a smettere di tremare. Per favore tenete d’occhio i vostri figli quando sono in posti grandi dove è facile separarsi. Ci sono voluti solo alcuni minuti per farle tutte quelle cose e in altri cinque minuti sarebbe stata all’esterno.
Seguivano altre raccomandazioni, e ancora la richiesta di girare il messaggio a tutti. Alla fine, si rivelava che il fatto era avvenuto al centro commerciale “Sam’s Wholesale Club” di Omaha, grande città del Nebraska.
Alla storia seguiva un altro messaggio, che - scriveva la donna che aveva postato il tutto sulla sua pagina Facebook - le era stato stato inviato da un amico, un dipendente di un altro “Sam’s Club”, quello di Lincoln, capitale del Nebraska. Spiegava che quello che era stato usato per allertare i dipendenti di Omaha e impedire il rapimento era il “Codice Adam”, così chiamato dal nome del figlio di John Walsh, presentatore del celebre programma tv “America’s Most Wanted”, rapito in un supermercato nel 1981 e ritrovato morto circa un mese dopo. Appena avvisato della sparizione di un bimbo, ogni dipendente doveva annunciare il “Codice Adam” via altoparlante e descrivere il disperso. A quel punto tutti i dipendenti dovevano mettersi alla ricerca del bambino. Se non lo si trovava, allora sarebbe stata chiamata la polizia.
Anche se non avete bambini piccoli, girate questo messaggio a tutti quelli che vi vengono in mente. Non avete idea di quanti potreste salvarne mandando questa e-mail! Spendete un attimo di tempo e inoltratelo a tutti gli amici che hanno bambini e nipoti!
Si tratta, in realtà, di una vecchissima leggenda metropolitana. Pochi giorni dopo esser comparso, il post è stato contrassegnato da Facebook come notizia fake, ma non senza prima aver riscosso diverse migliaia di condivisioni. Il 13 maggio il quotidiano USA Today è intervenuto con il suo fact-checking riconducendo questa recente esplosione della voce al rilancio di un testo che, a quanto pare, circolava in quella zona già da parecchio.
In sostanza sono emerse due cose: la Polizia di Omaha ha confermato che niente del genere è mai accaduto presso il “Sam’s Club” e che negli anni in rete erano apparse più versioni di quello stesso racconto. Fino ad alcuni anni fa circolava soprattutto via email: ad esempio, in relazione alla catena Walmart, nel 2001. La Walmart stessa se ne occupò per smentirla, ricordando che già da anni era presente in più parti del mondo, ad esempio negli Emirati Arabi Uniti. Nel 2016 la storia si era diffusa in maniera massiccia ad Owensboro, nel Kentucky.
Sebbene il Codice Adam esista sul serio (si tratta di un programma di sicurezza per i bambini smarriti creato e utilizzato da parecchi centri commerciali e supermarket americani), per USA Today la storia nel suo complesso era catalogabile come bufala: nel racconto di Omaha le caratteristiche del programma per la ricerca dei minori erano state adattate e drammatizzate per diventare funzionali alla leggenda del “bambino rapito e rapato”.
Il National Center for Missing and Exploited Children ha ricordato inoltre che il rapimento di un minore da parte di estranei in locali commerciali è un’eventualità rarissima, e non corrisponde alla pur tragica realtà della maggior parte delle scomparse di minori.
La leggenda dei bambini “quasi rapiti” al supermercato circola, come dicevamo, almeno dagli anni 2000. In generale si tratta di storie che sfruttano motivi antichi, anzi antichissimi. Uno dei primi case studies studiati dalla ricerca sul leggendario contemporaneo fu proprio una voce di questo tipo: a Orleans, nel 1969, si diffuse infatti la diceria che diverse ragazze fossero scomparse nei camerini dei negozi di abiti e lingerie, per lo più gestiti da ebrei. Ad occuparsene fu il sociologo Edgar Morin, che raccolse le sue osservazioni in un libro ormai storico: Medioevo moderno a Orleans.
Prima ancora, ricordiamo le voci ottocentesche sulla tratta delle bianche, prolungatesi peraltro sino a ‘900 inoltrato (come dimostra questa storia italiana), e i sospetti di rapimenti che colpirono le gelaterie italiane in America, all’inizio del Ventesimo secolo.
Quello messo in scena dalla vicenda del “Sam’s Club” però non è un rapimento consumato, ma un tentativo fallito - e, forse per questo, ancora più spaventoso. Il bambino viene trovato in bagno, senza capelli e spogliato, pronto a essere portato chissà dove. Il racconto lascia implicita la domanda: cosa sarebbe successo se la madre non avesse avvisato subito i dipendenti del supermercato, o se questi non fossero stati abbastanza veloci a chiudere le porte?
Questa domanda in sospeso è un tratto comune a molte altre leggende simili. Ve ne riportiamo due: la vicenda del “dì ciao alla mamma” e quella delle scarpe rivelatrici.
Nel 2016, una madre del Texas pubblicò su Facebook il racconto del “quasi rapimento” di sua figlia, un post che diventò virale e scatenò una serie di voci sul traffico di minori in tutti gli Stati Uniti. La vicenda, comunque, arrivò anche da noi. Ecco come lo raccontava un sito italiano nella sua sezione dedicata alle mamme:
[...] Era in un supermercato con sua figlia, quando all’improvviso ha sentito un uomo, che vicino a lei, ha detto: “Dì ciao alla mamma!” Quella frase le ha gelato tutto suo il corpo. Erano un ragazzo ed una ragazza ed erano vicino a lei alla cassa. Per Amanda erano due persone normali e non avrebbe mai immaginato quello che stavano per fare. Ma invece, avevano in programma di rapire la sua bambina. La fortuna di questa donna, è stata proprio che aveva i riflessi pronti, perché appena ha sentito quelle parole, si è girata di scatto ed ha preso la piccola. I due rapinatori, alla fine, sono riusciti a scappare ed ancora oggi, non sono stati presi.
In realtà, la polizia aveva giudicato l’intera vicenda inconsistente e non meritevole di ulteriori indagini. Anche in quel caso, comunque, il rapimento sarebbe stato sventato dalla prontezza di riflessi della madre, e dal casuale ascolto della frase sospetta.
Ancora più leggendario il racconto delle “scarpe rivelatrici”, raccolto da Snopes nel 2011:
Un’amica di Ana è andata a Wonderland, ieri. Era con un altro amico e insieme avevano 4 bambini (due a testa). I bambini avevano 4-5-6 anni. Mentre erano indaffarati con uno dei 4 figli, uno degli altri è scomparso… Letteralmente. Una bambina di 5 anni.
Dopo aver cercato freneticamente per due minuti, hanno allertato la sicurezza del Parco che poi ha iniziato a cercare per i successivi 5-6 minuti. Dopo di che il Parco ha chiuso tutte le usciti e non ha più permesso che nessuno uscisse mentre loro continuavano le ricerche per i successivi 45 minuti. Ancora una volta non riuscirono a trovarla e il Parco fu costretto a riaprire le uscite. La polizia consigliò all’amica di Ana di focalizzarsi sulle scarpe dei bambini e su nient’altro. Così si mise a guardia dell’uscita e ad osservare la folla di gente che stava andando via. Notò un uomo che portava una bambina addormentata con una coperta su di lei. E i capelli della piccola erano di un colore diverso, quindi disse alla polizia che le scarpe erano come quelle di sua figlia, ma… probabilmente non era sua figlia.
La polizia fermò l’uomo e saltò fuori invece che era la bambina giusta. La piccola era stata narcotizzata con un’iniezione sul collo e stava dormendo. I suoi capelli erano stati tagliati ed erano stati dipinti con lo spray con un colore diverso. E tutti i suoi vestiti erano stati cambiati ad eccezione… delle sue scarpe. Hanno preso il criminale e grazie a Dio la bimba sta bene. Morale: non togliete gli occhi di dosso dai vostri figli nemmeno per un secondo. Incredibile!
Quasi mai, in queste storie, viene rivelata la sorte destinata ai bambini rapiti, o il movente del crimine. Non si parla esplicitamente, come avveniva negli anni Ottanta, di minori portati via per il traffico d’organi, né di pedofilia o élites sataniche che torturerebbero i più piccoli per l’adrenocromo. Al centro di tutto ci sono, invece, le modalità del rapimento e l’appello ai genitori a “prestare attenzione”.
Si tratta, insomma, di cautionary tales, storie con una morale facile da comprendere: stare attenti ai bambini, non perderli mai d’occhio, soprattutto in ambienti affollati e di grandi dimensioni. Non per nulla i luoghi del fattaccio sono sempre quelli: il centro commerciale, il supermercato, il Walmart, l’Ikea, il parco divertimenti. Luoghi dove i più piccoli potrebbero non solo perdersi, ma anche cadere preda di malintenzionati. Pronti a rasarli, narcotizzarli, renderli irriconoscibili e portarli via dalle braccia dei genitori. O, quanto meno, dei genitori più disattenti, sembra suggerire la leggenda metropolitana.
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