di Sofia Lincos
Il 10 marzo di quest’anno è morto Valerio Obert, 54 anni, tecnico di Rds (Radio Dimensione Suono). A molti quel nome non dirà nulla, ma nell’estate del 1998 per un po’ fu sulla bocca di tutti: era uno dei tanti padri del fenomeno Valeriooo!, che poi era un grido che risuonava ovunque, di notte, sulla Riviera romagnola.
Proviamo a ricostruire la storia di questo curioso fenomeno sociale.
Valerio il fenomeno
Potrebbe essere una leggenda metropolitana. Ma potrebbe essere un urlo di dolore, d'invocazione, di scherno. Sulla riviera romagnola, da Rimini a Riccione, molti si chiedono chi è che grida di notte, cosa vuole. Dal buio fondo alle prime luci dell'alba, urla di ragazze e ragazzi, dal litorale, battono come sassi contro gli alberghi, chiamando a squarciagola: «Valeriooo!» (La Stampa, 18 agosto 1998)
L’epicentro del fenomeno fu la Riviera romagnola: Riccione, Rimini, e un po’ tutte le città della movida estiva. Nelle notti affollate di giovani e villeggianti che si muovevano in motorino tra le discoteche e le spiagge, si poteva sentire all’improvviso gridare: “Valeriooo!”. E immediatamente qualcuno rispondeva, le voci si inseguivano, decine e decine di persone cominciavano a chiamare quel nome. Era il protagonista dell’estate. Ma chi fosse, per la verità, nessuno sapeva dirlo. E dove non c’è una spiegazione, ecco che cominciarono a diffondersi voci, leggende, pseudo-spiegazioni.
I giornali cominciarono a parlarne nell’agosto del 1998, quando ormai la moda era dilagata, andando ad alimentare ulteriormente il fenomeno. La Stampa, in un articolo a firma dello scrittore Ferdinando Camon, inizialmente bollò il tutto come un grido senza significato: quelle urla ricordavano il graffito degli squatter, “disegno che non vuole disegnare nulla”. Allo stesso modo, Valerio era “l'urlo che non chiama nessuno”.
Comunque vada a finire, questo Valerio è l'incarnazione giovanile di Godot: non esiste ma c'è chi lo aspetta, per accettare di esistere. (La Stampa, 18 agosto 1998)
Eppure, quelle urla non potevano rimanere a lungo senza un significato: e così un po’ tutti - villeggianti della Riviera, residenti, giornalisti - cominciarono a darsi delle spiegazioni.
Le mille letture di un tormentone estivo
Già, chi era Valerio? Appena un giorno dopo quel primo articolo, La Stampa pubblicò un lungo elenco di tentate spiegazioni che i suoi cronisti avevano raccolto sul posto.
Per alcuni commentatori la storia era nata da un richiamo casuale, che poi aveva preso piede. Ovviamente, in molti se ne attribuivano la paternità. Qualche esempio?
«Il fatto è che mia moglie si chiama Valeria e l'altro giorno ho urlato il suo nome in spiaggia. C'erano dei ragazzi, hanno urlato anche loro, è nata così», assicura Federico, ombrellone di stagione a Miramare. [...] «Ma se lo gridavano a Imola, al concerto dei Verve. Sarà stato uno che si è perso e poi si son messi a chiamarlo tutti», fa Simona, bionda e cechi color del mare, costume nero e Marlboro tra le dita, sdraiata sul lettino dei Bagni 37. Ma c'è chi giura che il concerto era quello dei 100 mila di Vasco Rossi. Anzi no, perché in questa storia senza capo né coda c'è la stessa certezza dell'esistenza degli alligatori albini di New York. (La Stampa, 18 agosto 1998)
Per altri, il nome di Valerio era legato alla droga: forse un ragazzo morto di overdose, forse uno spacciatore, oppure un modo per chiamare la droga stessa:
«Veramente Valerio era uno di Milano che conosceva un mio amico. Quando Valerio è morto di overdose abbiamo tutti iniziato a ricordarlo gridando il suo nome», giura uno al telefono di Rtl 102.5. «No, Valerio era uno spacciatore di Firenze. Quando lo hanno preso, i suoi clienti in astinenza hanno iniziato a chiamarlo a gran voce», specifica un altro, che si è preso la briga di mandare un fax alla redazione del Carlino. «Valeriooo è il joint, la canna, il fumo, ma come lo chiamate voi?», scrive un altro, uno dei tanti che han dovuto pure staccare il fax. [...] «Questa cosa di Valeriooo c'è almeno da due anni», la sa lunga Imi, costume nero, tatuaggio sulla spalla, operaio in una fabbrichetta di Treviso. «C'erano un po' di ragazzi alla festa della Luna, quella che si fa a Colere dalle parti di Bergamo. Si son messi a urlare Valeriooo, è diventato il grido di chi fuma», assicura mentre sullo sgabello dell'Ombelico si fa lo sprizzo, campali e vino bianco. «Però due anni fa chiamavano un altro nome, adesso che ci penso», insinua il dubbio. (La Stampa, 18 agosto 1998)
C’era poi chi chiamava in causa un “cantante fallito” di nome Valerio, nativo della zona. Una radio di Livorno assicurava invece che Valerio fosse un “cane pechinese parlante” che era stato intervistato dai loro microfoni qualche tempo prima. Qualcuno affermava che fosse nato tutto a California (una frazione di Livorno, non lo Stato americano). Ma ovviamente, queste erano solo alcune delle tante teorie…
Ma forse l’origine, come diceva il dj Albertino al Corriere della Sera, tutto sommato
[...] non è importante. La cosa davvero divertente è che il tam-tam funziona sempre. Ogni tanto, di notte, mi affaccio sul mio terrazzo di Viale Ceccarini, a Riccione, e faccio la prova. Lancio l’urlo. Risposta immediata: “Valerio, Valerio…”. Il grido arriva fino a Rimini. Secondo me è bellissimo, è il primo esempio di tormentone che non nasce dalla tv, dagli spot pubblicitari, ma dalla gente. Più una cosa che unisce i ragazzi, mi sembra un gioco innocuo e divertente. Spero solo che non sia nato da una cosa negativa, che non ci sia sotto niente di brutto. Ma tanto, come si fa a saperlo…
Contro Valerio
Non tutti condividevano però quello sguardo benevolo al rituale collettivo, fatto di grida in piena notte. Che, a volte, comunque, sfociava nel litigio: molti riccionesi non apprezzavano per nulla quella moda. A dar voce agli infastiditi fu Pietro Orsoni, che all’epoca coordinava Telefono Blu (organismo per la tutela dei turisti).
Spiegava il 17 agosto l’agenzia ADNKronos:
Il fenomeno notturno iniziato inspiegabilmente una decina di giorni fa nel famoso Viale Ceccarini di Riccione si è subito esteso anche a Rimini, creando non pochi problemi ai vigili urbani e alla forze dell'ordine subissate da telefonate di protesta da parte di villeggianti disturbati dai continui schiamazzi. Spesso tutto questo baccano dà la 'stura' a vere e proprie risse tra “gli amici di Valerio” e chi chiede silenzio. “È pura follia. È un urlo liberatorio privo di significato che viene lanciato così, tanto per fare qualcosa. Il problema è che questa pazzia sta diventando una moda e sta dilagando in modo preoccupante - ha fatto sapere Piero Orsoni [...] - Ogni giorno noi riceviamo centinaia di proteste. La gente è esasperata per il baccano. Può sembrare uno scherzo ma non è così. Questi giovani, amici di questo fantomatico Valerio, probabilmente alienati o angosciati, ripetono il nome ad alta voce per tutta la notte. Qualcuno deve fare qualcosa...non è più tollerabile tutto ciò”. (ADNKronos, 17 agosto 1998)
Sui giornali arrivarono anche le letture sociologiche del fenomeno. Paolo Fabbri, ad esempio, spiegava a La Stampa che quel Valeriooo era un “segno di riconoscimento”, una specie di virus che trasmetteva informazioni da persona a persona. (La Stampa, 19 agosto 1998)
L’ombra del business
Non mancavano, in tutto questo, interpretazione che davano un senso più venale della faccenda. Il fenomeno Valerio era diventato fenomeno di costume, e qualcuno pensava di guadagnarci. Due romagnoli, il dj Alex Natale e Davide Niccolò, “animatore delle notti della Riviera Romagnola”, pensarono bene di registrare il marchio e di produrre un mix basato sul grido (ADNKronos, 18 agosto 1998, La Stampa, 19 agosto 1998)
Ma non c’era solo quello. Valeriooo era diventato anche una maglietta. Spiegava La Stampa:
Voi chiederete: si vendono magliette col nome di Valerio? Troppo ingenuo. Si vendono magliette con la protesta: «Ma chi c... è questo Valerio?» E la campagna di urla notturne diventa il traino per lo smercio della mattina seguente. Non è la prima volta che una leggenda crea un affare. (La Stampa, 18 agosto 1998)
Ovviamente, il grido di Valerio era il protagonista di eventi e serate in discoteca. E non solo in Romagna: a Valdengo, nel Biellese, una discoteca pensò bene di organizzare un Valerio-party, con “premi a sorpresa” per i Valerio e le Valeria della zona. (La Stampa, 23 agosto 1998)
Ci fu anche chi ne approfittò per farsi pubblicità. Il comico Giorgio Bracardi, che in passato aveva lanciato un tormentone simile (ma lui urlava Patroclooo! nel programma radiofonico Alto Gradimento), telefonò a La Stampa per dire la sua: se lui era il papà di Patroclooo!, poteva essere considerato quantomeno lo zio di Valeriooo. E così, ne approfittava anche lui per dire la sua sul fenomeno del momento:
Allora, che ne pensa di questa mania di gridare Valeriooo? «Ah, io la trovo molto divertente. Mi piace l'idea che sia nato questo tam tam nazionale dei giovani. Questa è una vita troppo civile, ormai. Secondo me le persone sono stanche di tutti 'sti telefonini e computer. E allora si torna all'urlo primitivo. Ma lei lo sa quanta gente scappa dalla civiltà per andare a vivere su un'isola? A centinaia. E se non possono scappare...». ...urlano Valeriooo! «Appunto. Ma in tutto questo c'è una nota triste. Questo invocare "Valerio" mi sa di estate che finisce, di ritorno alle solite rotture di scatole. E allora i ragazzi si chiamano tra loro, si fanno coraggio, insomma. Diventa una specie di grande massoneria, "quelli che chiamano Valerio". Ma in fondo, è tutta una questione di noia». (La Stampa, 20 agosto 1998)
Più schivo, invece, Valerio Staffelli, l’inviato di Striscia la Notizia: qualcuno diceva che era lui il Valeriooo! originale, chiamato sul palco dal dj Albertino durante un evento all'Aquafan di Riccione. Ma il dj aveva smentito: quando si era già svolta la serata, il grido risuonava nelle strade da parecchi giorni. Lui aveva solo cavalcato l’onda, chiedendo al pubblico se avevano visto Valerio, ed ottenendo in cambio l’urlo-tormentone.
Valerio c’est moi
Mentre il fenomeno si espandeva a poco a poco in altre regioni, si verificò un fatto curioso: tutti volevano essere Valerio. Ma non un Valerio qualsiasi, quello originale, che aveva dato origine a tutto - o quanto meno, volevano essere la sua “patria”. Cominciò l'hotel New Delhi di Riccione, dove qualcuno appese uno striscione con su scritto “Valerio è qui”. (La Stampa, 19 agosto 1998)
Poi, si passò alle lettere a La Stampa. Il 19 agosto un lettore di Casale Monferrato scrisse al quotidiano torinese che il fantomatico grido echeggiava già da 7-8 anni nelle valli cuneesi, durante le feste di maggio e di settembre, a Bergolo. Certo, era strano che il grido si fosse trasferito in Riviera, però… A dar man forte alla teoria arrivarono i protagonisti di quel Valeriooo della Provincia Granda del Piemonte. “Il grido Valeriooo è nato in Valle Bormida”, proclamava sicura La Stampa del 21 agosto:
A sostenerlo sono una quarantina di ragazzi che vivono nella città termale e nei paesi dell'Acquese. Per loro, veterani del «Cantò magg», la tradizionale festa che si tiene ogni anno in maggio a Bergolo, in provincia di Cuneo, il grido «Valeriooo» non è certo una novità. Infatti, giurano, è proprio nel piccolo centro dell'alta Valle Bormida che, quattro anni or sono durante «Cantè magg», è nato quasi per caso questo singolare fenomeno diventato il tormentone estivo per eccellenza e di cui ora molti si contendono la paternità. «L'altra sera, mi hanno telefonato alcuni miei amici da Rimini dicendomi che ormai tutti gridano Valerio - spiega l'acquese Daniel Romano -. Ma noi quattro anni fa abbiamo vissuto in prima persona la nascita di quello che ormai si può definire come un vero fenomeno di massa. Mentre eravamo al "Cantè magg", in mezzo a centinaia di persone, si è perso tra la folla un bambino di nome Valerio. I genitori, disperati, hanno iniziato a chiamarlo ad alta voce, così come hanno fatto anche molte altre persone che si trovavano alla manifestazione. Dopo qualche ora, quando ormai tutti gridavano "Valerio, Valerio", il bambino è saltato fuori da una tenda dove si era appisolato. A questo punto, il padre e la madre hanno dovuto girare all'interno del campo per alcune ore per rassicurare tutti e soprattutto per far smettere di urlare quel nome che ormai riecheggiava in tutta la valle». Anche nelle edizioni seguenti del «Cantè magg», come conferma il sindaco di Bergolo, Romano Vola, si è continuato a sentir gridare quel nome, che con il passar degli anni è diventato un vero slogan. (La Stampa, 21 agosto 1998)
Valerio è di Varallo - no, è di Fossano. Macché, è di Cannobio
Il gruppo di acquesi in trasferta a Bergolo non era l’unico a contendersi la primogenitura di quel Valeriooo!. Su La Stampa era infatti comparsa un’altra linea interpretativa: il tormentone era nato a Varallo, in Valsesia):
«Ma che Rimini e Rimini - sbotta Corrado [...], 24 anni, assistente domiciliare, di Varallo - giù le mani: Valerio-o è una cosa troppo nostra. [...] È da un anno che "Valerio-o" è diventato il segno distintivo della nostra compagnia, una ventina di ragazzi e ragazze con il pallino dei concerti». Ma al di là della rivendicazione di paternità sull'urlo alla Braveheart, il primo ad essere stupito è lo stesso Corrado. «È stato Mirko di ritorno dal mare - racconta - a farmi leggere i primi articoli usciti in Romagna. Ci siamo guardati e quasi non potevamo crederci: il nostro Valerio era diventato una star». Valerio esiste? «Ma certo - risponde il ragazzo -. È un muratore meridionale che lavora a Varallo. Non è della nostra compagnia e noi lo prendiamo in giro, ma senza cattiveria: quando passa in bicicletta davanti al bar lo chiamiamo tutti insieme a squarciagola». (La Stampa, 20 agosto 1998)
Per loro, si trattava di un grido identificativo, utile quando qualcuno si perdeva nei concerti: bastava urlare Valeriooo! e il gruppo si ricompattava. In questo modo l’avevano usato a Imola, nel grande concerto di Vasco che si era svolto a giugno, e poi ancora ad altri happening musicali, compreso uno nel Cuneese.
Tutta la Valsesia ormai ne era convinta, compreso il “Valerio” interessato: un muratore che nel tempo libero faceva il pizzaiolo e che La Stampa intervistava il 21 agosto, nelle pagine locali. Lui era sempre stato Valeriooo, fin dai tempi in cui giocava a pallone all’oratorio; non cercava la ribalta, e sembrava quasi imbarazzato da quella moda. “Ma io cosa ci posso fare?”, chiedeva sconsolato al quotidiano.
Ma il giornale torinese aveva in serbo qualche ulteriore colpo di scena. Il 26 agosto un gruppo di lettori anonimi che si firmava I detentori del segreto, scrisse a La Stampa: tutte le ipotesi fatte fino a quel momento erano errate. Valerio era nato a Fossano, di nuovo in provincia di Cuneo. dove un gruppo di giovani aveva preso l’abitudine di urlare a squarciagola al passaggio di Valerio, un ragazzo della zona. Lui se la prendeva, e gli altri allora insistevano sempre più. Lo avevano gridato anche al concerto di Bergolo (quello, di nuovo) e da lì si era diffuso ad altre regioni d’Italia, Riviera compresa. (La Stampa, 26 agosto 1998)
Un’altra lettera arrivata al quotidiano, e pubblicata il 1° settembre, garantiva invece che il Valerio originale era un uomo nativo di Cannobio (Verbania); il grido era nato mentre si trovava in vacanza a Gabicce (Pesaro-Urbino):
La «colpa» è di una donna. Appassionato di piscina, non mi staccavo mai da quella che era presente nel giardino dell'albergo. Mia moglie, dal terzo piano, mi doveva chiamare un'infinità di volte prima che io le rispondessi. Nello stesso albergo erano presenti anche alcuni amici; musicisti che alla sera suonavano con un’orchestrina in riva al mare. Una sera, così per caso e per una simpatica scherzosità, sdoppiarono qualche parola del Menelito sostituendola con Valerio. Qualcuno, il giorno dopo in spiaggia, timidamente ha ripreso il motivetto, e visto che da cosa nasce cosa il grido di Valerioooo è risalito fino alle foci del Po diventando il simpatico e scherzoso passa-parola dell'estate, grazie anche e soprattutto ai giornali, radio e televisioni. (La Stampa, 1° settembre 1998)
E l’uomo, dalle pagine del quotidiano, ne approfittava per lanciare un’iniziativa: formare un club per unire tutti i Valerio d’Italia.
La versione Obert
Uno, nessuno, centomila Valerio... Quelle che avete visto, in realtà sono soltanto alcune delle rivendicazioni che furono menzionate in quei giorni da La Stampa. Siamo sicuri che cercando negli altri quotidiani di quel periodo emergerebbe una moltitudine di storie simili.
Tra le congetture sull’origine del grido, ebbe particolarmente successo proprio quella di Valerio Obert, il tecnico di RDS scomparso di recente. Questa è la sua versione:
«Tutto è nato il 20 giugno al concerto di Vasco Rossi - dice lo stesso Obert con un spiccato accento romano - Si trattava di mettere uno striscione di Radio Dimensione Suono sul palco alto circa trenta metri e siccome io faccio palestra e `sto messo bene' mi sono offerto. Una volta salito - ha continuato Obert - non sentivo bene le indicazioni che mi venivano date dal basso e così i colleghi che cercavano di darmi delle indicazioni hanno cominciato a chiamarmi in coro». Il «Valerioooo» ripetuto e gridato dai tecnici è stato notato dal pubblico seduto ad aspettare l'inizio del concerto. E quei momenti di noia ed attesa hanno favorito la nascita del tormentone. «La gente che entrava e quella già seduta - racconta Valerio - ha cominciato a urlare il mio nome insieme ai colleghi». (Il Tirreno, 20 agosto 1998)
Ovviamente anche quella spiegazione non mancò di generare discussioni e smentite. Un infermiere di Casalgrasso (Cuneo) - Valerio anche lui - raccontò che sì, il grido era nato proprio al concerto di Vasco, ma che la folla stava chiamando lui, non certo il tecnico di RDS. Tutto era nato dai suoi amici che l’avevano perso tra la folla e lo cercavano così… (La Stampa, 21 agosto 1998)
Altri invece garantivano che il tormentone era nato a Firenze, durante un concerto di Elio e le Storie Tese.
La fine dei giochi
Come tutte le mode estive, anche quella di Valerio fu di breve durata. L’11 settembre 1998 Oreste Del Buono rispondeva a un lettore de La Stampa, preoccupato per l’espansione del fenomeno in Lombardia:
Anche questa volta si è chiacchierato, senza sapere esattamente di cosa, tanto per chiacchierare. La prova, gentile signor Merisi, sta nel fatto che il suo fax porta la data del 24 agosto e oggi 11 settembre non si parla più di Valerio!!! Le rispondo per evadere un poco di corrispondenza accumulatasi durante l'estate.
Nonostante qualche sporadico tentativo di risuscitarla, la mania di Valerio non tornò. Eppure, per qualche settimana, quel grido nella notte generò voci, leggende, discussioni collettive sulla sua origine. Tutti volevano avere una spiegazione, tutti riferivano agli amici quel che avevano saputo, molti desideravano essere parte del processo di nascita del fenomeno e, anche a distanza, rivendicavano un punto di innesco più o meno vicino.
Come rituale collettivo, a noi Valeriooo ha ricordato la Samara-mania del 2019 (ne avevamo parlato qui, qui e qui): un altro fenomeno scoppiato in tarda estate, intensissimo ma di breve durata, fatto di mascherate horror e “cacce” notturne (e anche legato, a suo modo, al leggendario contemporaneo).
Nel caso di Valerio, c’è chi - a distanza di anni - si chiede ancora quale sia la “vera” spiegazione. Noi abbiamo trovato interessante una considerazione apparsa nel 2020 sul giornale fiorentino online Lungarno:
Alcuni dicono fosse un tizio infrattato con l’amante fra qualche frasca delle Cascine e la fidanzata, che andava cercandolo, urlava disperata il suo nome. Altri raccontano che Valerio se ne sparì col fumo, sollevando un coro di voci che lo invocavano. C’è poi chi dice che Valerio si fosse semplicemente perso per il pratone delle Cascine e chi sostiene che invece non sia mai realmente esistito. Per quel che mi riguarda, Valerio eravamo noi.
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